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Qual è il tuo più grande difetto? Risposte intelligenti (e oneste)

Denny De Caro
23.6.2025

Indice

C’è una domanda che, se sei mai andato a un colloquio, sicuramente ti è stata fatta. Oppure, se stai per affrontarne uno, sai già che prima o poi arriverà. È quella che ti spiazza, che ti fa sudare le mani anche se fuori ci sono 10 gradi:

“Qual è il tuo più grande difetto?”

Bella domanda! La verità è che nessuno sa bene come rispondere, e il rischio è sempre lo stesso: sembrare troppo finti o troppo onesti. Ma allora, come si fa?

Cerchiamo di capire insieme perché ti fanno questa domanda, quali risposte funzionano, quali invece è meglio evitare, e soprattutto come rispondere in modo intelligente, credibile e in linea con chi sei davvero.

Prima di tutto: perché te lo chiedono?

Spoiler: non è una trappola. Il selezionatore non sta cercando di metterti in difficoltà tanto per. In realtà, questa domanda serve a valutare due cose fondamentali:

  • La tua capacità di autocritica. Sai riconoscere un tuo limite senza scappare dalla responsabilità?
  • Il tuo potenziale di crescita. Sai trasformare un difetto in un’occasione per migliorarti?

Non è quindi una questione di “trovare la risposta giusta” in senso assoluto, ma di mostrare che sei una persona consapevole, in evoluzione, con voglia di migliorare.

Bene, ora che abbiamo capito il motivo per il quale ti fanno questa domanda, vediamo di comprendere quali possono essere le risposte migliori da dare al recruiter.

Risposte da evitare e quelle giuste da dare

Ci sono risposte che sembrano furbe ma in realtà fanno alzare più di un sopracciglio. Ecco qualche esempio da evitare:

  • “Sono troppo perfezionista.”
    → È abusata, suona falsa, e ormai la usano tutti.
  • “Lavoro troppo.”
    → Non sei un robot. Né è credibile dire che il tuo difetto è che... sei troppo bravo.
  • “Sono timido.”
    → Attenzione: se la posizione richiede contatto col pubblico, potrebbe essere un autogol.

Stessa cosa se dici qualcosa di troppo generico, tipo “sono emotivo” o “mi lascio distrarre”. Ok, ma in che modo? Che impatto ha sul lavoro?


La chiave è contestualizzare.

Per questo motivo una risposta efficace ha 3 ingredienti fondamentali:

  • È onesta, perché contiene un piccolo difetto reale, che fa parte di te.
  • È contestualizzata, cioè spieghi quando ti capita e in quali situazioni.
  • Include un percorso di miglioramento, ovvero mostri che ci stai lavorando per risolvere questo difetto.

Vediamo insieme un esempio discorsivo:

“Una delle cose su cui sto lavorando è la mia tendenza a voler fare tutto da solo. All’università questo mi portava spesso a sovraccaricarmi, soprattutto nei progetti di gruppo. Ho capito che collaborare e chiedere supporto quando serve è fondamentale, e infatti negli ultimi mesi, grazie a qualche esperienza di lavoro in team, sto migliorando nel fidarmi di più degli altri.”

Funziona perché è sincera, mostra autoconsapevolezza e... crescita. Che è ciò che i recruiter vogliono vedere.

Altri esempi utili (ma credibili)

Vediamone altri, sempre in forma discorsiva, che potresti adattare a te:

1. “Faccio fatica a parlare in pubblico”

“Parlare davanti a tante persone mi mette ancora a disagio. Me ne sono accorto all’università, durante alcune presentazioni. Per questo ho iniziato a sfidarmi gradualmente: partecipando a piccoli eventi, facendo domande durante incontri online. Non sono ancora completamente a mio agio, ma sono migliorato parecchio.”

2. “Non sopporto la disorganizzazione”

“Quando le cose sono fuori ordine, mi innervosisco. Può essere un limite, soprattutto in contesti dinamici dove serve flessibilità. Ho imparato a non forzare gli altri ai miei standard e a distinguere tra ciò che è davvero urgente e ciò che è solo una mia esigenza personale.”

3. “Mi butto troppo presto nelle cose”

“A volte tendo a essere un po’ impulsivo: appena ho un’idea, la voglio realizzare subito. Questo mi ha portato a commettere errori evitabili, soprattutto nei lavori di gruppo. Sto imparando a prendermi qualche minuto in più per riflettere e valutare i pro e contro.”

Noti il pattern?
Difetto → contesto → miglioramento.

Cosa NON dire mai (a meno che tu non voglia sabotarti)

Ci sono risposte che è meglio evitare del tutto, soprattutto se:

  • Sono troppo gravi. Tipo: “Non riesco a rispettare le scadenze” o “Mi annoio facilmente”.
  • Sono troppo vaghe. Tipo: “Sono insicuro”, senza spiegarne il contesto.
  • Sono troppo autocelebrative. Tipo: “Sono talmente bravo che faccio ombra agli altri”. Cringe assicurato.

Ricorda: non devi impressionare, ma convincere. Chi ti sta ascoltando vuole capire se potrà lavorare con te senza trovarsi sorprese spiacevoli dopo l’assunzione.

In sintesi: onestà + consapevolezza = ottima risposta

Non esiste una risposta perfetta, ma una risposta autentica e ben costruita ti farà sembrare maturo, responsabile e pronto a imparare. Che poi è quello che ogni azienda cerca, più di ogni altra cosa.

Non devi essere perfetto: devi essere credibile.

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